Luchino, conte di Lonate Pozzolo, nacque il 2 novembre 1906 a Milano, in casa della nonna materna Anna Erba, in via Marsala. Era il quartogenito di sette fratelli: oltre a lui, Guido del 1901, Anna del 1903, Luigi del 1905, Edoardo del 1908, Ida del 1916, Uberta del 1918, prediletta dal regista, in seconde nozze coniugata al compositore Franco Mannino. Suo padre Giuseppe.
era duca di Grazzano, secondogenito del duca Guido Visconti di Modrone. La madre era Carla Erba, della ricca famiglia di industriali farmaceutici e nipote di Giulio Ricordi, erede e responsabile della casa editrice. I suoi genitori si sposarono nel 1900.
Il nonno di Luchino, Guido, era stato presidente del comitato organizzativo del Teatro alla Scala, lo zio Uberto scrisse un saggio di iconografia verdiana e lo zio Guido era un direttore d’orchestra dilettante. Dunque la competenza musicale dilagava nella famiglia da entrambi i rami, rafforzata nei figli dalle quotidiane lezioni organizzate dalla madre, tra le sei e le otto della mattina. A quattordici anni fece parlare di sé per un saggio nella scuola di violoncello, come riporta il quotidiano milanese La Sera l’8-9 giugno 1920. Nel palazzo milanese in via Cerva 44 (oggi via Cino del Duca 8), dove si insediarono gli sposi, venne presto allestito un palcoscenico privato in cui si recitavano commedie, pure in dialetto milanese. Nel cast, la primadonna era quasi sempre Carla. Il teatro entrò dunque quale aristocratico gioco familiare. Per Visconti, in fondo, al di là delle sfarzose magioni abitate, tra la villa romana in via Salaria e la Torre Araba, La Colombaia a Ischia, era la scena, specie durante i minuziosi allestimenti, la sua autentica dimora.
Dopo le scuole elementari fatte privatamente, frequentò il ginnasio Berchet, senza mai conseguire la maturità. Nel 1926 venne arruolato per il servizio militare (dove fu un autorevolissimo sergente) e l’anno dopo si iscrisse alla Scuola di applicazione di Cavalleria di Pinerolo. Nel 1928 collaborò in qualità di attrezzista e di arredatore alla messa in scena della goldoniana La moglie saggia allestita dalla Compagnia d’arte di Milano. Nel 1929, un incidente di macchina con lui alla guida, nel quale perse la vita il suo autista costretto da un suo puntiglio a viaggiare con lui, gli creò un fortissimo senso di colpa, così da spingerlo a una lunga escursione nel Sahara per vincere i rimorsi. Al rientro, furono i cavalli a sollevarlo dall’abbattimento, tanto da fargli investire grosse somme nell’acquisto e nell’allevamento, avviato nel 1930, di purosangue da corsa con cui vinse importanti premi. La sua scuderia, dai colori bianchi e verdi, ottenne nel 1932 il Gran premio Città di Milano e quello di Ostenda. Con i puledri per certi versi si esercitò nell’arte del comando, poi trasferito nel dominio sugli attori.
A Parigi, nell’estate del 1936, nel clima politico del Front populaire, tramite l’amica Coco Chanel avvicinò il regista cinematografico Jean Renoir, che lo incaricò di occuparsi dei costumi, quale secondo assistente non retribuito, per Une partie de campagne tratto da un racconto di Guy de Maupassant e per Les bas fonds da Maksim Gor′kij. Seguirono nel 1937 una crociera in Grecia e un soggiorno nell’inverno 1937-38 negli Stati Uniti, comprensivo di una sosta a Hollywood. Il 16 gennaio 1939 moriva a Cortina d’Ampezzo la madre, separata da tempo dal marito, rottura provocata da reciproci tradimenti, con strascichi giudiziari per la proprietà delle azioni farmaceutiche, trauma immedicabile per Luchino.
Carla costituì per lui un fantasma proustiano, inseguito nelle tante prime donne, tra schermo, ribalta e belcanto, che faceva innamorare perdutamente di sé quasi sempre senza mai concedersi, saziando altrove la propria prorompente sensualità, e nondimeno intrattenendo con queste stelle, da Marlene Dietrich a Maria Callas e Anna Magnani, nonché dalla stilista Chanel alla scrittrice Elsa Morante, legami molto intensi.
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